Manovra poetica bis di quasi ferragosto.
Ho un sogno, un luogo, una strada,
una piazza, angolo di città
luogo idoneo a piantare un’idea
giusta dose di astio, dolcezza e rebeldia
da annaffiare ogni giorno, ogni istante
fino a cambiare il non luogo del resto del mondo
ché non sappia di muffa stantia,
di cieca, passiva rassegnazione.
Ho un sogno, un luogo idoneo ad un sogno
un luogo dove costruire un incontro permanente,
una piazza fatta di carne e natura
di parole, di tante persone a presidio
coinvolgendo di vicino in vicino,
di sindacato in disoccupato
di arrabbiato in partito, in ritornato,
d’indignato in innamorato, appena sfiorato.
Ho un sogno, un luogo in cui le persone
anime scondite, da insaporire di vita
diventino di più, e più umane
e quella piazza, quella strada, quell’angolo di città
possano essere indizio di un nuovo illimitato inizio,
di un fiume in cui lenti affluenti rendano reale
quella leggerezza che ci spetta.
Risposta collettiva al treno che deraglia
per decreto, asino che raglia,
e taglia la testa, la festa, il sogno
nel sacro nome del mercato padrone,
pretesa ragione del capitale.
Un’unica soluzione, per “l’io sono”
di tutte le generazioni, le molteplici nature,
perché smetta una volta per tutte
quell’insana propensione al sopravvivere
e da questa piazza, questa strada, quest’angolo di città ….
Ma è quasi ferragosto, potrei drogarmi d’estate
e smettere per sempre di pensare.
Invece no, vi chiedo, ve lo sussurro appena
AIUTATEMI A SOGNARE!
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