Dialogando con un amico
sull’ipotesi di una casa comune
Ho un quaderno con le righe
e una biro, per prendere appunti
su quello che sento e che vedo
un quaderno a quadrucci o quadretti
per fare i conti con quello che sono
questo cielo cangiante
queste vecchie mutande
questo paio di calzini spaiati
appesi sui fili di senso del mondo
uno strano, che ha pentagrammi
in cui metto armonia, faccio sfoggio
di suoni e do i tempi al mio cuore
ed ai piedi che batto e ribatto
con indignato candore
ho un quaderno con fogli
più bianchi del bianco
su cui sfogo le matite del sole
quelle piene di luce e colore
quelle in cui si sa da dove partire
e tra il fare ed il dire, se c'è un mare
non può bene che fare
ho un blocchetto più piccolo, agile e snello
che porto sempre appresso
nascosto in taschini, ove in attimi strani
metto sempre altro me stesso
ed uno più grande, enorme ed immenso
in cui unisco tutto il resto del mondo
e tutto il mondo ci prende il suo senso
e se una casa comune ci sia
che sia un solo quaderno
che li contenga tutti, questi quaderni
verso un tempo che sverni
verso altre notti, altri giorni
e se stai attento li senti
da qualche parte ci sono
anche i giusti argomenti
senza, degli oggi, gli inutili alterchi
verso ciò che sai. ancora non hai
ma da sempre tu cerchi.
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