(Stanza 1)
Non è tempo sprecato
quello in cui ci affanniamo
nella nostra natura
da artigiani attenti
a cercare gli strumenti
quel metro che misuri
i margini della dismisura
officina di gesti, numeri e testi
i resti di quella forma
regola oltre la norma
tipica delle cose vere
arte, parte e mestiere.
(Stanza 2)
Ombre sotto gli occhiali
c’è un vascello senza mare
i baffi dell’attenzione
un vascello di vele e svolte
immaginarie, corde tese
come muscoli di una mente
che non si vuole atrofizzare
un vascello fatto di sole e sale
che sa tutte le scelte e non chiede
permesso, autorizzazione
per il proprio salpare
c’è un vascello con infiniti posti a bordo
e giuste lenti per vedere quella rotta
sulle carte mai espresse
delle possibilità non svelate.
(Stanza 3)
Utensili della memoria
la voce della mia prua
una forma per prendere
un margine per discernere
un sentore per versare
la mia pelle, il suo colore
e non si dica mai che sono innamorato
io che a ripetere gesti sono abituato
alle forme del disamore
non sono vaccinato.
(Stanza 4)
Lettere alla rinfusa
marinaio della mezza stanza
a sconfiggere la sfortuna
per dare forma alla mia
imprudenza.
(Stanza 5)
Questione di sguardi
il punto dove il sole ribalta
vuoto e pieno
a rendere normale lo straniero
a trattenere in gabbia
ombra e rabbia.
(Stanza 6)
Sono perturbazioni che arrivano
onde su onde
che il mare le pretende
e il mare le diffonde.
(Stanza 7)
L’uomo delle chiavi a grappolo
nei ritmi di ferro e piedi
mette un limite
al dentro, al fuori
fa riflettere me e
tutto il resto nell’acqua
ribaltando regole e umori
(Stanza Otto)
Un getto d’acqua per togliere
quei segni dalla pelle
e ritrovarli poi sulla parete
che certi segni
non se ne vanno
ma stanno sempre
in un qualche altrove
che prima o poi
torna a tornare.
(Stanza 9)
Poi mi volto e ti vedo
scavalcare la finestra
penzolare le gambe
al davanzale
verso altro sotto che
da qui dove sono
non riesco a vedere
ma ne sento il profumo
ne intuisco colore e verbo attivo
e quel transitare transitivo
tra morbido lavoro quotidiano
lento amore, odore di futuro.
(Stanza 10)
Ti ascolto col naso, respiro lo sguardo
occhi chiusi sento che ci sei
da come schiocchi i pensieri
poi confondo anche i giorni
tanti oggi ed un solo ieri
e se ti respiro col naso
so chi sei, sarai e chi eri.
(Stanza 11)
Solo un sandalo soltanto
sotto un piede
sotto l’altro solo suolo
solo il sole sulla pelle
e risuola di speranza
questa stanza.
(Stanza 12)
Limatura di gesti
dita sulla tastiera
sillaba di parole
aroma di fiore, miele
ed aspre more
vetro di lenti su
schermo di vetro
gesti limati in un
mondo di versi
e parole di carta
altro mondo intero
riflesso di sole
sul davanzale
altro ancora dietro
vetro finestra
quanti mondi
s’intrecciano lenti
dentro la mia testa.
(Stanza 13)
Le sfide del dentro e del fuori
del mandare a memoria le tracce
e l’ironia mezza lontananza
l’amicizia, la danza della virilità
la mescolanza di umori, odori e sentori
la stanza dei tempi migliori
compagni di viaggio
mezzi marinai
quasi navigatori.
(Stanza 14)
Donna di spezie
pepe, neve e cannella
adagiata, dipinta
intrecciata, ricordata
a goccia a goccia
tatuata, raccontata
sognata, vista e descritta
allenando la mente
il corpo, i sensi
e con lenta mano
cruda Maya desnuda
pepe nero e cannella
sempre lei, sempre diversa
sempre la più bella.
(Stanza 15)
La feritoia di tutti i casomai
tra gabbie, divise, schede, sbarre
finestre acerbe accese
croci a muro
specchio per altri lati
ancora uguali
albergo a tempo
verso degli ombrellai
limite di una penna
registro dei debitori
moglie e buoi dei paesi tuoi
e tu, dammi il cinque se vuoi.
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