E chi sarà mai la misteriosa splendida fanciulla fotografata assieme al noto poeta Versolibero in un luogo di cui per prudenza è preferibile non fare il nome? Questo nel composto brusio dei presenti e sotto gli occhi attenti di una misteriosa presenza aliena colta in una sua tipica espressione commemorativa.
Non è tempo sprecato quello in cui ci affanniamo nella nostra natura da artigiani attenti a cercare gli strumenti quel metro che misuri i margini della dismisura officina di gesti, numeri e testi i resti di quella forma regola oltre la norma tipica delle cose vere arte, parte e mestiere.
(Stanza 2)
Ombre sotto gli occhiali c’è un vascello senza mare i baffi dell’attenzione un vascello di vele e svolte immaginarie, corde tese come muscoli di una mente che non si vuole atrofizzare
un vascello fatto di sole e sale che sa tutte le scelte e non chiede permesso, autorizzazione per il proprio salpare
c’è un vascello con infiniti posti a bordo e giuste lenti per vedere quella rotta sulle carte mai espresse delle possibilità non svelate.
(Stanza 3)
Utensili della memoria la voce della mia prua una forma per prendere un margine per discernere un sentore per versare la mia pelle, il suo colore
e non si dica mai che sono innamorato io che a ripetere gesti sono abituato alle forme del disamore non sono vaccinato.
(Stanza 4)
Lettere alla rinfusa marinaio della mezza stanza a sconfiggere la sfortuna per dare forma alla mia imprudenza.
(Stanza 5)
Questione di sguardi il punto dove il sole ribalta vuoto e pieno a rendere normale lo straniero a trattenere in gabbia ombra e rabbia.
(Stanza 6)
Sono perturbazioni che arrivano onde su onde che il mare le pretende e il mare le diffonde.
(Stanza 7)
L’uomo delle chiavi a grappolo nei ritmi di ferro e piedi mette un limite al dentro, al fuori fa riflettere me e tutto il resto nell’acqua ribaltando regole e umori
(Stanza Otto)
Un getto d’acqua per togliere quei segni dalla pelle e ritrovarli poi sulla parete che certi segni non se ne vanno ma stanno sempre in un qualche altrove che prima o poi torna a tornare.
(Stanza 9)
Poi mi volto e ti vedo scavalcare la finestra penzolare le gambe al davanzale verso altro sotto che da qui dove sono non riesco a vedere ma ne sento il profumo ne intuisco colore e verbo attivo e quel transitare transitivo tra morbido lavoro quotidiano lento amore, odore di futuro.
(Stanza 10)
Ti ascolto col naso, respiro lo sguardo occhi chiusi sento che ci sei da come schiocchi i pensieri
poi confondo anche i giorni tanti oggi ed un solo ieri e se ti respiro col naso so chi sei, sarai e chi eri.
(Stanza 11)
Solo un sandalo soltanto sotto un piede sotto l’altro solo suolo
solo il sole sulla pelle e risuola di speranza questa stanza.
(Stanza 12)
Limatura di gesti dita sulla tastiera sillaba di parole aroma di fiore, miele ed aspre more vetro di lenti su schermo di vetro gesti limati in un mondo di versi e parole di carta
altro mondo intero riflesso di sole sul davanzale altro ancora dietro vetro finestra quanti mondi s’intrecciano lenti dentro la mia testa.
(Stanza 13)
Le sfide del dentro e del fuori del mandare a memoria le tracce e l’ironia mezza lontananza l’amicizia, la danza della virilità la mescolanza di umori, odori e sentori la stanza dei tempi migliori compagni di viaggio mezzi marinai quasi navigatori.
(Stanza 14)
Donna di spezie pepe, neve e cannella adagiata, dipinta intrecciata, ricordata a goccia a goccia tatuata, raccontata sognata, vista e descritta allenando la mente il corpo, i sensi
e con lenta mano cruda Maya desnuda pepe nero e cannella sempre lei, sempre diversa sempre la più bella.
(Stanza 15)
La feritoia di tutti i casomai tra gabbie, divise, schede, sbarre finestre acerbe accese croci a muro specchio per altri lati ancora uguali albergo a tempo verso degli ombrellai limite di una penna registro dei debitori moglie e buoi dei paesi tuoi e tu, dammi il cinque se vuoi.
Dici del vino, canto della terra verso il cielo bicchiere lento a labbra, e gesto a cuore dici di latino, politica, filosofia, storia, sindacato, un po’ d’utopia e di ciò che t’offende, il senso della vita, ma senza mai divenir maiuscolato sempre con il piede poggiato nell’amore, nel senso più umano dell’agire, del vivere, pensare, e poi in prosa, poesia, in enofilosofia, tutto a seguire come un cane ad un gatto, un gatto ad un topo un topo col muso ficcato nel formaggio gustoso della vita, da spartire con chi vale la pena, senza mezze misure, senz’altro da dire, se non quello che viene dalle budella attitudine al fecondo contrasto, a vita e amore, a masticare quel certo rosso vino, ma se qualcosa non riesci a dire stai sicuro che di anno in anno di gesto in gesto, di ribellione in ribellione la nostra memoria singola e plurale è fatta sempre e solo per ricordarci ricordare.