Io lo fo per piacer mio e non per dare versi a dio
(foto artistica di Patrizia C.)
sabato 27 dicembre 2008
mentre scorre la linea delle scale in discesa denudata presenza di un trattato che fu multilaterale prenatale ed ora allinea e si allinea alla sequenza dei post
resta alla piccola inutile inutilmente piccola parola di una poesia l'ingrato compito di dirsi dicendo le coordinate esatte del punto dove siamo resta alla poesia fermare il percorso dei forse e dei mai e dei facili senni del poi per diramare un comunicato elementare bollettino per naviganti che salgono e scendono da sempre la stessa rampa di scale
resta alla poesia dire tutto quello che abbiamo ancora voglia di sentirci dire
una paccottiglia di frottole ed improbabili ipotesi future
Raccogliendo la richiesta di una troupe televisiva che si era persa cercando la casa dove sta per essere girato il grande fratello 8, un noto enofilosofo di area gigielle gli strappa il microfono dalle mani ed impone un'intervista sulla storia del movimento operaio: dalle guerre puniche al decreto Brunetta.
Entusiasmo diffuso fra i passanti.
(foto della nota paparazza e sindacalista milanese Silvana C.)
(per le foto ringraziamo la nostra esperta di idioma spagnolo e culture latino americane Mariarita P.)
senso e sensi chiamano in vita per cui se non hai porta a te stessa se non scorre scuoti se non salta spingi se non cammina prendi per mano se non ha carburante fagli il pieno e se non è natale cerca altrove e se non è altrove prendi in braccio ciò che hai e che sei e guarda nei suoi occhi guarda nei tuoi e baciati piano e bacialo forte e senti in te ciò che sei ciò che è per cui ciò che sei sei per sei trenta sei trenta volte te stessa per cui puoi anche sbagliare ma non ti perdi ma se non tenti ti scordi di tentare e se non abbracci ti scordi l'amore e se non ti abbracci ti dimentichi di volerti bene e se non voli pensi che la natura ti abbia fatta per non volare e se ti metti troppi abiti addosso dimentichi che sul filo della pelle scorre il vero essere te stessa e se tenti magari non resti la stessa e se tenti magari scopri un altrove e se tenti magari rivaluti l'ora e l'adesso ma se non esplodi e ti esplori di certo non muori ma neppure vivi
Taglia in due il pentagramma smezza la tavolozza quel dio che non esiste smorza il palato toglie il fiato chiude pori ed amori ipotetici e nuovi liturgie in cui se non vivi tu muori.
Sono treni notturni speciali verso mutamenti epocali sinfonie in sol minore ouverture gran finali in quel certo allegro assai
e tu non fermarti ti prego non ti fermare mai
(le foto ci sono state cortesemente fornite dalla nostra inviata nel cuneese Enrica B. che ringraziamo di cuore)
Quanti indecenti modi di varcare il tempo scorrere il senso strascinare l'istante
e contarsi sempre per verificarsi e verificare quante sensazioni sbarcano il lunario
e se sono tante, tanti gli olfattivi, prensili apprensivi viaggiatori del gusto
remora e trambusto fammi urlare piano altrimenti sveglio le coscienze occluse
di mancati amanti ballerine e nani ottici e cantanti indecente schiera
firme ferme e forme e non so che farne delle odiose tarme rosicchianti i piedi
e se guardi vedi crollare la voglia di restare ancora al centro della pista per ballare un ballo se ti saltano sempre sullo stesso callo prima o poi m'imballo
e mi spedisco altrove dove vuolsi così se così si vuole.
(pare che queste foto, erroneamente attribuite in un primo momento al noto fotochimico poeta Fabio F. siano in realtà anche esse opera della notissima sindacalista milanese nonchè raffinata preparatrice di cotolette Silvana C. - dalla manifestazione del 12 dicembre - sciopero generale gigielle)
(Ad Ugo Lanzalone poeta, amico, compagno morto alle ore 10.30 di lunedì 15 dicembre nell'ospedale policlinico casilino.)
Non so dirlo, non so dirti non so uscire dal nocciolo chiuso, dei gesti non fatti dalla penombra dei momenti in cui, dal senso scostante dell’essere, e non basta ammettersi, annuirsi, ricomporsi
tutto il di più mi svuota tutto il contorno mi sazia di nulla, e non so dirti, non mi riesce di dirti quello che consapevole non ti ho detto quello che muto ho taciuto nel non ancora, che potrebbe divenire mai più, e non esiste questo mancarsi per essersi troppo sfiorati per non essere stati certi di ciò che siamo
per non esserci amati abbastanza per essere stati l'insufficienza che si fa norma, la pochezza che si fa regime, la nullatenenza che acuisce le spine, e abbiamo altro e questo altro non lo so proprio dire non so dirlo, non so dirti
ora che il silenzio si fa regola inalterabile, se non dalla pioggia che non vuole smettere di cadere dalla parola unilaterale, dalla preghiera, per chi la vuole pregare dal sogno per chi sa l'utopia, dall'ipotesi di un futuro migliore da parole antiche, quasi perse
quel comunismo, anarchico, tuo primordiale, a falci e martelli, e possibili giorni più belli, dai tuoi spazi liberi, condivisa poesia, e cibo, che non potevi ma amavi,
vi vedevi un momento di quelli più interi, parte di un tutto di un senso, lontani dal rutto esistenziale che non abbiamo, non hai mai voluto accettare e mi hai messo, ci hai messi, ti sei messo nelle tue poesie, ed hai fermato il luogo, il nome, l'istante, con delicato infinito gesto d'amore, sofferto infinito amore, delicato profondo esserti ed esserci dentro
ed ora non ci resta che attendere non sappiamo poi cosa che sia un essere altro che sia il caso, una cellula piena un dio, un arrivederci, un a presto un niente piantato nell'oltre un addio, un ritroviamoci ancora
per leggerci l'ora e l'adesso con quel modo che tu sai ricamare con lenta tenace pazienza parola dopo parola essenza dopo essenza ed ogni passo è una roccia ogni verso muraglia ogni peso un senso di te una nuova leggerezza
e rabbia, e lucida ironia, invettiva, da mettere al centro di quello che abbiamo da fare, da impastare con la docile creta delle possibilità
con la voglia di mettere in dubbio quel così è collettivo, pensiero unico, motivo che crede di essere il solo
sole che, prima o poi, torna sempre a strafare, su questo telo di pioggia
che piange le lacrime del non so le lacrime del tra poco le lacrime della speranza, che si commuove di esistere e poi, e poi proprio non so dirti non so dirlo quanto diveniamo la colpa di tutte le occasioni perse le mosse sbagliate, le idee non svelate
e di tutti i potremmo, avremmo potuto, dipinti dall’attento tratteggio delle tue parole.
(per le foto di questo post come per gran parte delle foto sulla serata di presentazione de I tempi del Bradipo ringraziamo Fabio F. che ci ha lasciato nell'anima dei ricordi che non andranno perduti)
E poi la sera, i gesti, le parole, gli occhi, le persone , i contrappesi contrapposti ai pensieri, dello stare fermi, senza mai rischiare l'onda, il mare senza imparare il come per scalciare l'assoluto
e poi la sera delle parole della scelta di essere l'istante e nell'istante essere la scelta e da dietro il sipario sbirciare la scena, l'aria accesa
e poi quel gesto di aprire tenda e sguardo e come in una lenta moviola di pensieri gettarsi nella folla, essere veri.
Senti, la piazza si riempie di volti e tende di fiati nomadi carovana di sabbia e mare onde anomale alte maree gocce di brina pioggia e poi bufera, come vento su grano senso su fiato sguardo su occhio allertato a cercarsi cercando ondeggiando in un onda su onda una a seguire l'altra a intuire e senti, la piazza si fa colma abbraccio più forte serenata di acque profonde come lo sono le onde anomale nell'essere parte di un tutto da cui parte altro tutto, con il tratto di fiato allertato ad altro guado, ancora mai incontrato e la liscia possibilità delle parole, come onda che prende e lascia alza i piedi nel nulla e poi li adagia, in maniera sensuale verso un chi sa quale inespresso finale.
Clamoroso scoop fotografico pare che l'enigmatico personaggio raffigurato in queste foto abbia in gioventù rivestito ruoli di rilevanza stragegica in un noto sindacato di cui per opportuni motivi preferiamo non fare il nome. Prima di visionare queste foto siete consigliati di allontanare giovani occhi inesperti.
Ecco i volti increduli di alcuni casuali passanti.
L’Associazione Culturale “Ingresso Gratuito” ed il Sito internet di scrittura www.descrivendo.com
presentano
presso i locali di Via Castelforte, 4 - Roma -----Sabato 15 Novembre 2008 alle ore 21,00 “Noi come le lucciole”
Una lettura teatrale ad alta voce di testi scritti dal gruppo artistico “le tessitrici” cinque donne accomunate dalla voglia di trasmettere emozioni attraverso le parole. Le Tessitrici sono: Fiorenza Chiesa, Lucia Specchio, Mariarosa Valli, Rossana Spalletta, Tanny Giser.
Si potrà cenare assieme con un piatto di pasta ed un buon bicchiere di vino dalle ore 20.00 .
Le piazze si fanno raduno e riempiono il fiato di un popolo assorto e maturo su alberi di dissenso e possibile mutamento futuro e se scorgi nei visi quel sorriso volante quella voglia di bagnarsi di cedere il corpo alla pioggia di non restare in disparte
essere nè parte nè arte non è cosa da fare sono miei quei pennelli che dipingono giorni e pannelli che si fanno sbellicare dal gusto che non perdono istante senza dire parola che crei dovuto trambusto
le piazze di questo autunno piovoso sono le mie, che ripercorro a ritroso in un ritroso che non torna più indietro ma vuole solo scavallare l'ipotesi stessa che il futuro possa starsene a mollo nello stagno rappreso dei vorrei ma non posso.
Il poeta verso libero sorpreso a Civita di Bagnoregio in creative posture. Il poeta verso libero sorpreso a Civita di Bagnoregio nella più creativa delle posture.
(Lo scoop è stato realizzato grazie al tiro incrociato delle sorelle C.: Patrizia in postura fotografica e Desi nella veste occulta di paparazzo)